di Valentina Magrin
tratto da Delitti&Misteri (Anno II, Numero 2, marzo 2013)
L’assoluzione di Alberto Stasi, nonostante sia arrivata dopo che il giudice aveva disposto 4 nuove perizie, è una di quelle che lasciano comunque aperti molti dubbi: “insufficienza di prove”. Che non significa che abbia meno valore, ci mancherebbe, ma indubbiamente rimane qualche buco nero mai chiarito. La Giustizia, lo abbiamo sempre detto, in mancanza di prove certe deve assolvere e con Stasi è successo esattamente questo. Bisogna però dire, a onor di verità, che ci sono molti “particolari”, anche importanti, che sono stati trascurati.
L’ORARIO DELLA MORTE
Il cadavere di Chiara viene trovato da Alberto Stasi poco prima delle 14 del 13 agosto 2007. La morte della ragazza viene fatta risalire a quella stessa mattina: bisogna partire innanzi tutto dalla circostanza che un sicuro segnale in vita di Chiara quella mattina si colloca precisamente alle ore 9.12 con la disattivazione dell’allarme perimetrale e verosimilmente con l’apertura della porta finestra della cucina; altra sicura attività compiuta dalla ragazza quella mattina è l’avere fatto (o comunque iniziata) la colazione, verosimilmente sul divano con la televisione accesa: tale cibo in sede di autopsia è stato rinvenuto ancora nello stomaco, quindi non vi è stato il tempo sufficiente […] per lo svuotamento gastrico. […] Fatte salve le suddette azioni, non sono, invece, emerse evidenze oggettive di altre successive attività che ci si sarebbe ragionevolmente atteso che la ragazza dopo il risveglio e la colazione con il passare dei minuti compisse: come dare luce agli ambienti dell’abitazione […], abbassare le tende da sole […], cambiarsi di abito, riordinare la casa […]. Il motivo di tale interruzione fra queste due fasi – la prima presente, la seconda in nessuna delle modalità sopra accennate riscontrabile – è più che verosimilmente da attribuirsi, appunto, all’intervenuta aggressione omicidiaria da parte di terzi. E dunque: è più ragionevole affermare che la morte della ragazza si collochi nel lasso temporale immediatamente successivo alla disattivazione dell’allarme perimetrale avvenuto alle ore 9.12 di quella mattina.
LA TELEFONATA DI STASI AL 118
Alle 13.50 Alberto Stasi chiama il 118 e chiede che venga mandata un’ambulanza in via Pascoli. All’operatrice che gli chiede cosa sia successo, il ragazzo risponde: “Credo che abbiano ucciso una persona”: dalla suddetta telefonata emergerebbe un tono “freddo” ed innaturalmente “distaccato” incompatibile con il riferito immediatamente precedente rinvenimento della propria ragazza nelle condizioni in cui effettivamente si trovava. Tuttavia, secondo il giudice Vitelli, non si può non notare il pericolo di cadere in un evidente vizio logico per cui la circostanza indiziante – la dedotta manifesta freddezza di Stasi parlando con l’operatrice del 118 – presupporrebbe, per la sua ragionevole sussistenza, proprio la circostanza (Stasi ha ucciso la propria fidanzata) che dovrebbe, invece, concorrere a provare sia pure in via indiziaria. […] Definire il dato emozionale (scartando le ipotesi alternative) partendo proprio dal thema probandum, significherebbe insomma anteporre la conclusione alla premessa.
Un altro elemento di sospetto nella telefonata al 118 starebbe nel fatto che Stasi, invece di chiamare appena trovato il cadavere di Chiara (come da lui dichiarato nelle prime sommarie informazioni), avrebbe aspettato di arrivare in prossimità della caserma dei carabinieri: questo ritardo, secondo l’accusa, si spiegherebbe col fatto che Stasi sapeva benissimo che era inutile chiamare il 118 perché Chiara era già morta. Tuttavia – spiega il giudice – se Stasi, invece, ha davvero scoperto in buona fede il corpo della propria fidanzata e preso dalla paura, come lui afferma, si allontana sconvolto da quel luogo per “rifugiarsi” in caserma, la circostanza di avere chiamato il servizio del118 uno/due minuti dopo il rinvenimento e di non ricordare esattamente (in sede di sommarie informazioni testimoniali e di dichiarazioni spontanee in qualità di indagato) il momento in cui ha iniziato la telefonata ben può essere coerente e conseguenziale a questa situazione di grande confusione e shock emotivo.
L’ALIBI DI STASI
Purtroppo gli interventi solerti ma poco attenti dei carabinieri hanno determinato la sottrazione di contenuto informativo con riferimento al personal computer di Alberto Stasi pari al 73,8% dei files visibili (oltre 56.000) con riscontrati accessi su oltre 39.000 files, interventi di accesso su oltre 1500 files e creazione di oltre 500 files. Insomma interventi che hanno prodotto effetti devastanti in rapporto all’integrità complessiva dei supporti informatici. Fortunatamente, però, il collegio peritale (ing. Porta e dott. Occhetti) riusciva comunque a ricostruire le attività compiute da Stasi Alberto quella mattina sul proprio computer portatile. Secondo questa ricostruzione vi sono evidenze oggettive della permanenza di Alberto Stasi nella propria abitazione dalle ore 9.35 fino alle ore 12.20 con sostanziale continuità; quindi alle ore 12.46; alle ore 13.26 e alle ore 13.30.
Se Stasi avesse ucciso Chiara (il cui ultimo segnale di vita, ricordiamolo, è alle 9.12, ora in cui avrebbe disinnescato l’allarme), avrebbe avuto, dunque, un tempo massimo di 23 minuti per consumare l’aggressione a danno della propria fidanzata, rientrare in bicicletta […] presso la propria abitazione che dista circa 2km da quella di Chiara ed accendere il proprio personal computer alle ore 9.25. Un tempo veramente esiguo, se si considera che l’azione omicidiaria in questione non può essere considerata irrealisticamente come l’asettica sommatoria della durata dell’aggressione fisica e del tempo necessario per il rientro nella propria abitazione da parte dell’omicida.
LE SCARPE DI STASI
Sulle suole delle scarpe indossate da Alberto Stasi quel 13 agosto 2007 e consegnate agli inquirenti la mattina successiva non sono state trovate tracce di sangue. Per l’accusa questo, paradossalmente, rappresentava una prova a carico del ragazzo, che non poteva non essersi sporcato le suole vista l’abbondante quantità di sangue presente all’interno di casa Poggi. Alberto, sempre secondo l’accusa, avrebbe solo “finto” il ritrovamento del corpo, non entrando in quella casa ma andando direttamente dai carabinieri. Ebbene, ribatte il giudice Vitelli, posto che è verosimile che Stasi abbia volontariamente o meno evitato le 3 pozze più grandi di sangue, per quanto riguarda le macchie più piccole è nel senso di ritenere probabile che buona parte delle tracce di sangue presenti sulla scena del delitto al momento del riferito ingresso di Stasi fosse totalmente o parzialmente secco. Inoltre non è logicamente possibile ricostruire in generale le esatte superfici […] su cui Stasi in quelle complessive ore che vanno dal primo pomeriggio del fatto alla mattina seguente poggiava i piedi, né le caratteristiche concrete di quei passi compiuti da un soggetto peraltro in un’accertata agitazione psico/fisica. […]Insomma, il tentativo volto a dare valenza significativa ad un fatto negativo quando alcune importanti circostanze storico/ambientali sono ignote rende il ragionamento logico/probatorio in merito altamente debole e inaffidabile. Analogo discorso vale per l’autovettura Golf in uso a Stasi con il quale lo stesso si recava dai carabinieri subito dopo il riferito percorso all’interno dell’abitazione della vittima.
LE TRACCE NEL BAGNO
Nel bagno al piano terra di casa Poggi, nel quale è sicuramente transitato l’assassino (data la presenza di impronte di scarpe insanguinate sul tappetino), è stata trovata un’impronta digitale di Alberto Stasi sul dispenser del sapone. Allo stesso modo, su un’altra parte della superficie del portasapone, era presente il DNA di Chiara. Tuttavia questa circostanza, per il Gup, è riferibile alla manipolazione dell’oggetto in data antecedente al fatto delittuoso da parte appunto di più persone che a vario titolo frequentavano la casa in temi e modalità diverse e non conoscibili.
LE IMPRONTE DELL’ASSASSINO
I Ris hanno individuato numerose impronte insanguinate (alcune visibili, altre allo stato latente o semilatente), riconducibili all’assassino, in cucina, nel salottino e in bagno. Tuttavia nessuna delle scarpe sequestrate all’imputato presentano una suola corrispondente alle caratteristiche morfologiche delle suole delle scarpe che hanno prodotto le impronte rinvenute sulla scena del delitto. È emerso inoltre dagli atti […] la circostanza che Stasi Alberto abbia abbandonato a Londra un paio di scarpe che solitamente usava perché ormai logore. Tali scarpe, comunque, non presentavano un disegno a “pallini” come quello rinvenuto sulla scena del delitto.
IL DNA SUI PEDALI DELLA BICICLETTA
Sui pedali della bicicletta in uso ad Alberto Stasi è stato rinvenuto il DNA di Chiara Poggi. Per l’accusa, si tratterebbe del sangue della vittima “trasportato” dalle suole delle scarpe dell’assassino. Per il giudice e i suoi periti, invece, non vi è l’evidenza scientifica che le microtracce successivamente individuate sui pedali della bicicletta (dopo aver isolato il DNA della vittima) siano di natura ematica. Inoltre, non abbiamo elementi processualmente certi per affermare che quel DNA si sia depositato tramite trasferimento dalla scarpa dell’assassino di materiale liberatosi dalla vittima nel corso dell’omicidio oppure che il DNA fosse già presente sul pedale prima dell’omicidio.
LA BICICLETTA NERA
La mattina dell’omicidio, secondo una testimone, alle 9.10 fuori da casa Poggi era presente una bicicletta nera da donna che, poco più di un’ora più tardi (intorno alle 10.20), non c’era più. La bicicletta in uso a Stasi, invece, era da uomo e con colori ben diversi: l’unione del colore bordeaux del telaio con il colore chiaro degli accessori produce più che verosimilmente l’immagine complessiva di una bici dai colori chiari appunto, immagine in netto contrasto quindi con il sicuro ricordo d’insieme di una bicicletta nera. In riferimento a un’altra bicicletta, questa volta nera e da donna, presente nel negozio di ricambi auto gestito dal padre di Stasi, gli inquirenti non notavano corrispondenza con quella descritta dalla testimone e quindi non procedevano al suo sequestro né tale bici veniva interessata da alcun ulteriore atto d’indagine.
IL MOVENTE
Nel computer di Alberto Stasi, come è noto, è stata trovata una grande quantità di materiale pornografico e, in misura minore, pedopornografico. Chiara, che era a conoscenza della passione del fidanzato per la pornografia, verosimilmente ignorava la “deriva” pedopornografica e, se lo avesse scoperto, sicuramente non l’avrebbe approvato. Ma può essere questo il movente del delitto? Potrebbe essere che Chiara, nelle ore precedenti il suo assassinio, avesse scoperto del materiale disgustoso nel computer di Alberto? Il collegio peritale ed i consulenti tecnici di parte hanno concordemente accertato sul piano tecnico informatico che, per quanto attiene a contenuti multimediali afferenti immagini di natura pedo-pornografica, “lo stato di memorizzazione delle immagini di natura pedo-pornografica, alla data del 13-08-2007, implica che dette immagini fossero in stato di ‘avvenuta cancellazione’ e comunque di ‘indisponibilità alla consultazione’ da parte di un utente e pertanto si conviene che in data 12-08-2007 e 13-08-2007 non possono essere state visualizzate immagini di natura pedo-pornografica da Stasi Alberto o da Poggi Chiara”. Ad analoga conclusione sul piano tecnico/informatico gli accertamenti peritali sono giunti con riguardo alla circostanza che la sera del 12 agosto 2007 non sono stati visualizzati filmati di natura pornografica e/o pedo-pornografica sul PC portatile in uso a Stasi Alberto.